sabato 29 maggio 2010

Surfare tra le emozioni

Tommaso, il partecipante del mio ultimo corso, durante la pausa pranzo della prima giornata si è macchiato con una goccia d'olio. Usando l'acqua  per tentare di risolvere il problema ha ottenuto un bell'alone del diametro di dieci centimetri. Possiamo capire il suo disappunto: doveva, quella sera, uscire con alcuni amici e non voleva tornare a casa a cambiarsi: 50 km per andare e tornare erano decisamente troppi. Decise allora di uscire lo stesso. Tutto sommato sarebbe andato in un locale non troppo illuminato e nonostante l'alone fosse in evidenza, costituiva un vantaggio rispetto alla macchia perché si sarebbe visto di meno.

"Una volta deciso di uscire", raccontò Tommaso il secondo giorno di corso, "non ho più pensato alla macchia ma mi sono concentrato sui miei amici. Della macchia mi sono ricordato solo una volta tornato a casa ed ho passato una bella serata."

Tommaso ha "surfato" da una realtà ad un'altra. La sua attenzione si è spostata da una realtà ad emozionalità negativa (la macchia) ad una realtà ad emozionalità positiva (gli amici).

La tecnica del Reality Transurfing sta nel riconoscere quando un pensiero sta producendo un'emozione negativa. Quel pensiero è come un'onda, che rischia di travolgerci. Ed infatti se rimaniamo fermi ne saremo sopraffatti, finiremo sott'acqua. La nostra abilità sta nello scivolare via, su un'altra onda. Scivolare su una realtà che produca un'emozione positiva.

Prova a surfare. Appena senti arrivare l'onda di un pensiero ad emozionalità negativa sposta la tua mente e le tue azioni verso un altro aspetto della realtà, che produca un'emozione positiva. Vedrai: se imparerai a non stare lì impalato davanti alle onde scoprirai che puoi, surfando, migliorare la tua vita senza l'inutile sforzo di modificare la realtà.


(C) Diego Agostini/Commitment - All Rights Reserved

lunedì 24 maggio 2010

Come attrezzarsi per credere nelle favole

Tempo fa, quando lavoravo in azienda, mi chiamò il mio capo (una donna molto in gamba) per chiedermi di gestire un problema con una persona piuttosto difficile, che avrei dovuto contattare telefonicamente. Mi colpì il modo con il quale mi assegnò l'incarico. Esordì dicendo: "La prima cosa che devi fare, prima di chiamarlo, è andare a prendere un bel tè alla macchinetta, portartelo alla scrivania, rilassarti per bene e prepararti a portare pazienza, una grandissima pazienza,"

Con la sua esperienza, quella donna non mi stava suggerendo cosa dire o come gestire il problema ma mi stava indicando, in modo semplice e chiaro, quale sarebbe stato il presupposto psicologico per entrare in rapporto con quella persona difficile. Mi stava indicando l'attrezzo numero uno per credere nella favola per cui l'altro, per quanto spinoso e complicato, in realtà possa diventare un valido interlocutore, sta a noi crederci e prenderlo per il verso giusto.

La pazienza: non qualche complicata tecnica di programmazione neuro linguistica o altro cervellotico approccio psicologico. La pazienza. Non qualche metodologia manageriale per essere assertivi o per assumere il controllo della situazione. Soltanto la pazienza.

La cosa più importante da sapere è che la pazienza non è qualcosa che si ha o non si ha, è qualcosa che si può fare.

Possiamo produrre pazienza. Basta fermarsi ed aspettare. Da allora mi sono accorto che la pazienza è lo strumento chiave per realizzare gli obiettivi con gli altri. Di solito quando sperimentiamo un comportamento non gradito tendiamo a reagire contrattaccando. Proviamo invece a portare pazienza, convinti che quel comportamento si trasformerà. Ed ecco che la favola si realizza.


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sabato 15 maggio 2010

Credo nelle favole

Quando ci fidiamo troppo degli altri, ci dicono con sarcasmo che crediamo nelle favole. Fidarsi, partire dal presupposto che persone o situazioni siano positive: questo è credere nelle favole. E dà un sacco di vantaggi. Il mondo intorno a noi ci appare positivo, e se ci appare positivo ne possiamo trarne il meglio. Possiamo entrare in relazione nel modo migliore con tutto ciò che ci circonda: cose o persone.

Credere nella favole è bello. I bambini credono nella favole, ed il loro mondo è sicuramente più bello di quello degli adulti. Quindi perché gli adulti non credono nelle favole? Perché hanno paura di rimanere fregati.  Ma così facendo annullano il bambino dentro di loro, e con lui l'energia che fa realizzare i propri sogni. Ed ecco che la vita diventa grigia, triste, faticosa.

Io credo nelle favole. Parto dal presupposto che le persone siano amiche. E di fregature ne prendo poche.  Perché seguo le istruzioni per credere nelle favole. Eccole:

1) Credo sempre che le persone siano mosse dalle migliori intenzioni.

2) Se dovessi constatare che le persone non sono mosse dalle migliori intenzioni, credo sempre che stiano agendo per debolezza. Quindi le accetto. Penso a come gestire le loro debolezze.

3) Se dovessi constatare che le persone non sono mosse dalle migliori intenzioni né stanno agendo male per debolezza, credo sempre che non abbiano capito nulla. Credo che abbiamo una sorta di handicap. Poi decido cosa fare.

Dopotutto anche nelle favole c'è il cattivo, la differenza con la vita di tutti i giorni è che spesso dobbiamo impiegare un po' di tempo per capire chi è.

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mercoledì 5 maggio 2010

sei tu ad inseguire?

Sono andato a trovare un amico che non vedevo da tempo. Un grande professionista, il migliore che conosca nel suo campo. Purtroppo, a causa del comportamento poco etico di alcuni suoi partner, si trovava nella situazione di dover ricominciare tutto daccapo. Non era più proprietario del marchio che aveva rappresentato per anni e della base clienti che lui stesso aveva costruito.

Mi raccontava pertanto che ora doveva rifare tutto ciò che aveva già fatto vent'anni prima, all'inizio della sua carriera. Telefonare ai potenziali clienti, vedersi trattare con sufficienza, scrivere mail senza ottenere risposta... "Pensavo di non dover fare ancora tutto questo" mi disse.

Ma proprio mentre me lo diceva, notavo una luce nei suoi occhi. Un lampo di vitalità che da un po' di tempo non gli vedevo. Uno slancio che da tempo non aveva. Un'energia che da tempo gli mancava.

Tutti ambiscono a raggiungere una posizione in cui non debano chiedere ma concedere, non debbano corteggiare ma essere corteggiati, non debbano rincorrere ma essere raggiunti. Spesso la gente si siede comodamente su sedie che consentono di poter dire di "no", di ignorare, di assumere posizioni di superiorità. Sono le posizioni più pericolose, perché danno l'illusione di essere arrivati. Danno uno strano senso di onnipotenza che fa dimenticare il rispetto per gli altri.

E' nella posizione in cui bisogna inseguire, in cui bisogna fare fatica per ottenere le cose, che emergono le risorse migliori. E' in quelle posizioni che si tirano fuori l'aggressività positiva, la voglia di arrivare al risultato, la resistenza alle frustrazioni, il coraggio di osare, la capacità di riprendersi e continuare. E' in quelle posizioni che si diventa persone migliori, perché si capisce la fatica di chi chiede e non si nega mai un colloquio, una telefonata, una mail.

Sei tu ad inseguire? Non preoccuparti della fatica e delle frustrazioni. Sarai tu ad arrivare al traguardo, non chi non è nemmeno mai partito.

(C) Diego Agostini/Commitment 2010 -  All Rights Reserved